Madonna di Alzano o Morelli di Bellini
L’iconografia della Madonna col Bambino spesso è ritenuta (erroneamente) come un tema ripetitivo e “poco accattivante”. A riguardo, basti osservare l’andamento delle aste d’arte, dove da tempo i soggetti religiosi risultano decisamente sottostimati. Persino quando si tratta di artisti di ottimo livello. In realtà, se a cimentarvisi sono figure del calibro di Giovanni Bellini (1430-1431 circa / 1516), le variazioni di questa iconografia possono diventare davvero tantissime. La Madonna di Alzano o Morelli di Bergamo (1485-1490 circa, Accademia Carrara) cui dedichiamo questo contributo, è a nostro avviso una sublime prova delle potenzialità espressive e simboliche di questo soggetto. Essa vedremo essere ricchissima di elementi unici e originali, portatori di un particolare significato.
Giovanni Bellini: una vita dedicata ai soggetti sacri
Giovanni Bellini è stato il più talentuoso della celebre bottega avviata dal capostipite Jacopo, “vero padre della pittura veneta”. Salvo qualche sporadica incursione negli ambiti del ritratto, e in quello poco amato (per usare un eufemismo) dei temi mitologici (si pensi al poco convinto e convincente Festino degli dèi per Alfonso d’Este, oggi a Washington), il suo percorso artistico è quasi completamente costellato di dipinti religiosi. Ciò è dovuto certamente alla sensibilità del nostro pittore e, come visto con i Vivarini, l’altra grande bottega veneziana del Quattrocento, al tipo di committenza cui si legò in vita.
Tra i dipinti realizzati per la devozione domestica, moltissime sono le immagini di Maria con Gesù bambino. Tra questi troviamo appunto la Madonna di Alzano, detta anche Morelli da Giovanni Morelli, di cui diremo a breve. Eseguito da Bellini a metà circa del suo percorso artistico, il dipinto esprime uno stile ormai pienamente sviluppato e riconoscibile. Un linguaggio che va verso una pittura luminosa e una concezione armoniosa della natura e del rapporto col divino.
“[…] Una calma che spazia fra i sentimenti eterni dell’uomo: cara bellezza, venerata religione, eterno spirito, vivo senso; e una pacificazione corale che fonde e sfuma i sentimenti, dall’alba di rosa al tramonto di viola, secondo l’ora del giorno”
Roberto Longhi, 1946
La lunga storia collezionistica della Madonna di Alzano
Le vicende della tavola, firmata nel cartellino in basso “IOANNES BELLINUS / P.”, nonostante siano piuttosto complesse, a oggi appaiono ben tracciate. Nel 1648, come riporta il Ridolfi, essa si trovava ad Alzano Lombardo, da cui il nome di Madonna di Alzano con cui è maggiormente conosciuto. Due decadi più tardi il parroco del luogo la ricorderà, dandoci nuovi dettagli, nella chiesa di Santa Maria della Pace, sopra l’altare della Concezione dov’era protetta da una copertura di cristallo. Dalle ricerche storiche, e grazie alle due copie (1555 e 1567) eseguite da Giovanni Battista Moroni, si è appreso, però, che la tavola era arrivata in territorio bergamasco già un secolo prima.
Risalendo ai vari passaggi, infatti, gli studiosi sono giunti con ragionevole sicurezza a ritenere Alessio Agliardi il committente dell’opera. Da cui il terzo titolo di Madonna Agliardi. Costui fu un architetto e ingegnere idraulico, il quale aveva intessuto legami sia col noto condottiero Bartolomeo Colleoni sia con il doge Agostino Barbarigo. Spesso a Venezia, dunque, Agliardi avrebbe commissionato la tavola durante il suo soggiorno del 1484, per poi portarla con sé a Bergamo. Qui la erediterà, plausibilmente in via diretta e non per tramite del marito Francesco Vertova, Moroni Lucrezia Agliardi Vertova.
Dalla devozione privata alla “fama popolare”
I citati adattamenti del Moroni sono segni della fama raggiunta dal dipinto del Bellini nel XVI secolo. La devozione popolare crebbe talmente, che la tavola acquisì quasi un’aura di santità. Ciò porterà alla donazione dell’opera nel 1579 alla chiesa di Alzano, per adornare la cappella di Pietro Camozzi-Gherardi. Anche sul piano stilistico la Madonna di Alzano ebbe vasto successo, pur non essendoci copie di bottega. Lo testimonia Cima da Conegliano, il quale dal 1496 circa inizierà a trarne chiaramente ispirazione per alcune sue Madonne. A titolo di esempio, si guardino le tavole di Cima conservate nei musei di Gemona e Cardiff.
Andando verso la conclusione della storia collezionistica del nostro dipinto, altra data importante è quella del 1810. In quell’anno, difatti, avvenne la soppressione di Santa Maria della Pace e il successivo acquisto da parte del sacerdote Giovanni Battista Noli di Alzano, per la propria collezione d’arte. Nel 1869 la Madonna col Bambino di Giovanni Bellini, quindi, dal Noli passerà nelle mani di Giuseppe Melli a Milano. Sarà il Melli, in un ulteriore passaggio, a cedere il dipinto all’amico Giovanni Morelli. Proprio quest’ultimo, infine, lo donerà all’Accademia Carrara nel 1891, assieme a tutta la propria collezione, motivo del titolo anche di Madonna Morelli.
Analisi della Madonna di Alzano di Giovanni Bellini
Se i vari spostamenti di cui il quadro fu protagonista sono ormai noti, anche la datazione è da qualche tempo circoscritta con una certa sicurezza a un preciso torno di anni. Se il Morelli datava la Madonna di Alzano al 1496-1498, oggi il dipinto è posto dai più tra il 1485 e il 1490. Questo perché vi sono precisi elementi stilistici in comune con la Madonna degli Alberetti (1487, Venezia, Gallerie dell’Accademia) e il Trittico dei Frari (1488, Venezia, Santa Maria Gloriosa dei Frari), colti tra gli altri da Peter Humfrey (2008).
Riguardo alla composizione, nondimeno, si può notare come la posizione della Vergine sia vicina piuttosto a quella assunta nella Madonna dei cherubini rossi (1485-1490, Venezia, Gallerie dell’Accademia). Maria, invero, non è parallela alla superficie pittorica, ma con Gesù bambino va a creare un angolo. In questo modo aumenta il senso di profondità, come a voler aiutare l’osservatore nella meditazione. In tutte le Madonne col Bambino del Bellini scopriremmo, poi, non esserci il committente. Lo dobbiamo immaginare, infatti, in preghiera dinanzi la tavola, di qua del parapetto; espediente che rafforza tutt’oggi in noi proprio il senso di coinvolgimento spirituale.
Augusto Gentili su Giovanni Bellini
Illuminanti sono ancora oggi, in tal senso, le parole di un grande studioso di “Giambellino”, Augusto Gentili. Egli scrive: «Nei quadri di devozione privata di Giovanni Bellini il donatore non c’è mai. Siamo allora chiamati a pensarlo necessariamente davanti al quadro, primo e privilegiato spettatore: il quadro diventa specchio, supporto visivo di un processo di identificazione che modella sulle sante figure la figura quasi sempre a noi ignota del committente, con le sue pretese erudite, le sue aspirazioni ascetiche, le sue voglie di risarcimento» (Gentili 1998).


Un confronto con la Madonna Lochis
Oltre l’assenza del committente, ulteriore elemento che normalmente accomuna le immagini della Vergine col Bambino del Bellini è il clima malinconico e di tragica attesa per la Passione di Cristo. Basti in questa sede ricordare la Madonna Lochis (1470-1475), custodita sempre presso l’Accademia Carrara di Bergamo. In essa vediamo Maria completamente assorta in cupi pensieri, mentre il Bambino si agita irrequieto come se, compreso dallo sguardo della Madre quale sarà il suo destino per salvare l’umanità intera, spaventato volesse umanamente fuggirne.
Il terzo dettaglio è il sesso stesso del Bambino, posto in bella vista o “malamente” celato, frutto non d’irriverenza ma di un chiaro intento teologico: rivelare – e così ricordare all’osservatore – la natura umana di Cristo, chiamato a patire davvero il martirio prima della risurrezione. Ciò è vero soprattutto riguardo alle prime versioni, dove Gesù è adagiato sopra un sarcofago/altare.
Dalla malinconia alla tenera contemplazione
E qui ritorniamo alla nostra Madonna Morelli, poiché si discosta non poco da quelle dei primi anni di attività. Come accennato, infatti, gli esempi precedenti si caratterizzano per il forte pathos e le atmosfere tutt’altro che gioiose. In essa, in primo luogo, non vediamo il sesso del Bambino. Gesù ci si presenta biondo e riccioluto, dal corpo rotondetto e sano, mentre guarda la Madre in un tenero ed emozionante intreccio di sguardi. Questo seguirsi degli occhi tra mamma e figlio rafforza il senso di serena contemplazione. La Passione appare, dunque, decisamente lontana dai pensieri di Maria. Non a caso la dolcissima pera sostituisce la mela, a proporre la Madre di Dio quale novella Eva cui rivolgersi per ottenere la redenzione.
In secondo luogo, i corpi delle due figure sacre sono simili a due solidi geometrici, attorno ai quali si sviluppa lo spazio. Il manto blu di Maria, impreziosito dalla bordatura dorata e dal bellissimo velo trasparente che esce da sotto, è usato dal maestro proprio in funzione di un preciso effetto volumetrico.

Giovanni Bellini, Madonna Morelli, dett. dei volti di Maria e Gesù.
Il ruolo del paesaggio
La natura stessa, amena, armoniosa, di straordinaria bellezza, ruota di conseguenza attorno alle due figure di Maria e Gesù che mantengono – in parte – il significato spirituale ricoperto nelle icone bizantine. Il paesaggio sembra così partecipare appieno al clima di quieta tranquillità, aiutando ad allontanare ogni triste presagio di morte e sofferenza. Siamo, in definitiva, difronte a quella resa paesaggistica che ha reso Bellini uno dei più grandi pittori di tutti i tempi!
Proseguendo su questa strada, per comprendere il ricercato gusto per il dettaglio espresso dal Bellini nella Madonna Morelli, bisogna guardare alla lezione dei principali pittori fiamminghi del XV secolo. Anchise Tempestini, in piena sintonia col Robertson, riguardo al nostro dipinto usa la definizione di «minuto paesaggio, di gusto vaneckyano». Inoltre, egli aggiunge trattarsi, e secondo noi a ragione, di «uno dei capolavori più alti di Giovanni, un dipinto che costituisce un punto di arrivo della sua carriera».
Incomprensibili appaiono, perciò, alcuni giudizi dati in passato da altri storici dell’arte, che hanno criticato proprio il pregevole paesaggio di sapore nordico. Osservandolo più da vicino, esso sulla destra presenta un’inespugnabile fortezza, simbolo mariano per eccellenza, mentre sulla sinistra il nostro sguardo incontra una cittadina sulla quale svetta il campanile della chiesa. Il borgo è circondato da acque calme, lussureggianti distese di prati e boschetti, dove incontriamo pescatori, pellegrini in riposo e uomini che vanno a caccia. Tutto in un clima di generale armonia, quasi di nuovo Eden.
“la Madonna Morelli è uno dei capolavori più alti di Giovanni, un dipinto che costituisce un punto di arrivo della sua carriera”
Anchise Tempestini, 1998
La Madonna Morelli di Bergamo, opera di ineffabile bellezza
Giunti a conclusione della nostra analisi possiamo definire, senza paure di smentite, Giovanni Bellini un rinnovatore del tema della Madonna col Bambino. Egli seppe con le proprie opere andare in contro alle esigenze devozionali dei committenti, al loro desiderio, talvolta, di dimostrare a sé stessi o a pochi eletti il proprio patrimonio di conoscenze teologiche ed erudite. Ultimi esempi in tal senso che vorremmo richiamare, poiché utili termini di paragone con la Madonna Morelli, sono la Madonna del prato (1505 circa, Londra, National Gallery) e la Madonna col Bambino di Brera (1510).
Senza soffermarci troppo su questi due capolavori, ci preme notare solo quanto il ruolo del paesaggio sia andato ad evolversi nell’arte di Bellini. Esso lo vediamo arricchirsi di dettagli simbolici e acquisire via via una maggiore rilevanza nell’economia dei dipinti del maestro. Ciò, possiamo ipotizzare, anche in funzione delle richieste di chi si rivolgesse a Giovanni Bellini, ma anche della sua stessa continua evoluzione artistica.
Conclusione
La Madonna di Alzano o Morelli rappresenta, in definitiva, un punto di passaggio fondamentale nell’arte di Bellini. Ciò vale sia per la qualità tecnica raggiunta negli effetti luministici e nelle impeccabili trasparenze, sia per l’originale composizione e le nuove implicazioni teologiche. Tutti elementi che la rendono un’opera d’ineffabile bellezza, capace, come si può immaginare, di emozionare Alessio Agliardi tanto quanto emoziona noi oggi.
Non lo nascondiamo, Bellini è un pittore cui siamo particolarmente legati da sempre. Non solo per motivi di formazione universitaria, ma per il valore della sua pittura nella costruzione dell’identità di un territorio molto vasto e che travalica il Veneto. Per tale e tante altre ragioni, non mancheremo in futuro di rivolgergli un occhio di riguardo, dedicandogli altri spazi di riscoperta e riflessione.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
E. M. DAL POZZOLO, Pittura Veneta; Milano 2010.
A. GENTILI, Giovanni Bellini; Art & Dossier n° 135, Firenze 1998.
P. HUMFREY, scheda n° 28; in M. LUCCO & G. C. F. VILLA (a cura), Giovanni Bellini, catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 30 settembre 2008 – 11 gennaio 2009), Milano 2008, pp. 232-233.
R. LONGHI, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana; Firenze 1946.
M. LUCCO & GIOVANNI C. F. VILLA (a cura), Giovanni Bellini; catalogo della mostra (Roma, Scuderie del Quirinale, 30 settembre 2008 – 11 gennaio 2009), Milano 2008.
C. RIDOLFI, Le meraviglie dell’arte. Ovvero le Vite degli illustri Pittori Veneti e dello Stato descritte dal cav. Carlo Ridolfi; edizione seconda, Padova 1835-1837, ristampa anastatica a cura della Elibron Classics, II voll., Germany 2006, vol. 1, pp. 52-56.
A. TEMPESTINI, Giovanni Bellini; Milano 1998.
GIOVANNI C. F. VILLA (a cura di), Cima da Conegliano. Poeta del paesaggio; catalogo della mostra (Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 26 febbraio – 2 giugno 2010), Venezia 2010.
Immagini: @Accademia Carrara di Bergamo
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