La Saliera di Benvenuto Cellini
Oggetto tanto bello e prezioso che soltanto un re avrebbe potuto permettersela, la Saliera di Benvenuto Cellini (Firenze, 1500 / 1571) venne eseguita per il re Francesco I di Francia. In realtà, inizialmente il progetto era stato presentato al cardinale Ippolito d’Este. Costui, però, aveva compreso subito l’ambizione e il costo per produrre una tale opera. Ippolito d’Este aiutò, perciò, Cellini a lasciare l’Italia dopo il periodo di prigionia a Castel Sant’Angelo (era stato accusato di aver rubato alcuni gioielli appartenuti a Clemente VII), e a raggiungere la Francia (dove Cellini vi aveva soggiornato nel 1537), per trovare una delle poche persone in grado di permettersela.
Un successo immediato per Cellini
Francesco I rimase subito estasiato dal modello in cera, tanto che lo stesso Cellini racconta: «Giunto che fui dal Re, scopertogli il modello, il Re meravigliatosi disse: questa è cosa molto più divina l’un cento che io non harei mai pensato: questa è gran cosa di quest’huomo! Egli non debbe mai posarsi. Di poi si volse a me con faccia molto lieta, e mi disse che quella era un’opera che gli piaceva molto, e che desisderava che io gliene facessi d’oro». Protagoniste di questo capolavoro dal carattere accentuatamente scultoreo sono le personificazioni del Mare e della Terra. I due siedono su un letto di animali terrestri (un leone, un elefante e un segugio) e marini (una tartaruga e tre delfini), mentre si fronteggiano l’un l’altro toccandosi vicendevolmente le gambe.
Questo gioco d’intrecci rimanda metaforicamente alla compenetrazione dei due mondi, così come descritto dallo stesso Cellini: «colle gambe l’una nell’altra, sì come si vede certi rami di mare lunghi che entran nella terra». Il tempio e la nave servivano, invece, per contenervi pepe e sale, a loro volta legati rispettivamente alla terra e al mare. Alla base, oltre le figure dei Venti, troviamo quelle dei quattro momenti del giorno. Quest’ultime sono chiaramente ispirate alle celeberrime sculture eseguite da Michelangelo nella Sagrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze. Si tratta di un’opera che presenta tutte le caratteristiche del “Manierismo”. Si pensi all’instabilità in cui posano il Mare e la Terra, alla fusione di elementi naturali e artificiali, attuata non più in modo armonico, com’era nel pieno Rinascimento, ma con una certa tensione e gusto per il “bizzarro”.
Furto e recupero della Saliera di Benvenuto Cellini
Le recenti vicende della Saliera di Francesco I, giunta in Austria già nel 1570 come dono di Carlo IX all’arciduca Ferdinando del Tirolo, sono state piuttosto rocambolesche e degne della vita avventurosa del suo artefice, protagonista tra l’altro della difesa nel 1527 di Castel Sant’Angelo dai lanzichenecchi. Nel 2003 venne, infatti, rubata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Essa fu ritrovata fortunatamente pochi anni dopo, nel 2006, in un bosco presso Zwettl, a 90 km dalla capitale austriaca, a seguito di una fallita richiesta di riscatto. Ennesimo miracolo se vogliamo, vista la difficoltà per opere di tale fattura di resistere al tempo, giacché facili da fondere nei momenti in cui era necessario far cassa (dello stesso Cellini è rimasto poco) e perché più esposte al passare delle mode rispetto, per esempio, ai dipinti.
Oggi, quindi, possiamo nuovamente ammirare a Vienna questo prezioso manufatto veramente degno di un re, e deliziarci dei suoi colori, dei dettagli naturalistici e di quel gioco di movimenti che ci invitano a osservare da ogni angolatura senza sosta. Un po’ come richiedeva l’arte “manierista”, caratterizzata dal gusto per tutto ciò che era instabile, incerto, “capriccioso”. Gli sconvolgimenti politici, religiosi ed economici avevano scardinato già dagli inizi del Cinquecento le certezze rassicuranti del Quattrocento. Un’epoca per molti aspetti simile alla nostra e per questa ragione, forse, la Saliera di Benvenuto Cellini per Francesco I ci affascina ancora di più.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Benvenuto Cellini, Saliera di Francesco I, 1540-1543, oro e smalti. Vienna, Kunsthistorisches Museum.